Con la rivoluzione industriale poi, l’artigianato sembra destinato a scomparire. Sul versante dell’alta cultura, l’esaltazione romantica dell’artista, difensore della spiritualità dell’arte contro il materialismo utilitaristico, pone una barriera invalicabile tra arte e artigianato, idealità e manualità. Mentre sul piano economico-produttivo, l’industria, abile imitatrice dei modelli artigianali, sembra in grado di produrre a basso costo tutto ciò che usciva dalle botteghe degli artigiani.
Le principali ideologie politiche ed economiche dell’Ottocento, anche se di segno opposto, adottarono questo quadro esplicativo, quindi l’artigianato cominciò ad essere considerato residuale e arcaico sia dai fautori del capitalismo industriale sia dai teorici del collettivismo socialista o comunista. Ed in quest’ultimo caso, nel corso della storia, andando ad incidere fortemente e negativamente sulla prerogativa prima dell’artigiano che è quella del lavoro in totale autonomia, della creatività e dell’auto- imprenditorialità.
Nella realtà storica, in gran parte d’Europa le cose però andarono diversamente: l’industrializzazione non cancellò affatto i mestieri artigiani. Le stesse fabbriche, con gli operai di mestiere e alcune fasce di tecnici, riprodussero e allargarono il fronte delle abilità artigiane. Nel contempo l’artigianato costituiva una risorsa per l’industria, cosicché venne ad instaurarsi un interscambio continuo tra mondi erroneamente ritenuti separati. Del resto nella stessa Francia rivoluzionaria, con il venir meno delle corporazioni, era emersa la necessità di formare e qualificare le maestranze ed era stato infatti creato il Conservatorio di Arti e Mestieri.
Di particolare interesse, trattandosi della patria della rivoluzione industriale, fu la critica di John Ruskin e William Morris alla produzione industriale dell’epoca, fatta conoscere dall’Esposizione Universale di Londra del 1851. Essi presero di mira la banalità e ripetitività dei manufatti del macchinismo, propugnando una rinascita dell’artigianato medievale. Morris diede vita ad un centro di produzione (pittura, incisione, metalli, mobili, ecc.) che ebbe forte influsso per la diffusione dell’Art Nouveau, in cui è centrale la dimensione dell’artigianato, concepito come ponte e legame tra arte e industria.